Le 6 proposte di compriamoitaliano.it a Sergio Mattarella

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Lettera al Capo dello Stato Sergio Mattarella.

Gentile Presidente, nel congratularci con Lei per la sua rielezione al ruolo di Presidente della Repubblica italiana ed essendole grati per gli ultimi sette anni del suo precedente mandato, le facciamo i migliori auguri per questa nuova sfida che ha accettato con onore e orgoglio tutto italiano. Con questa, vorremmo portare alla sua attenzione una questione che noi di compriamoitaliano.it teniamo particolarmente a cuore: la questione dei prodotti italiani e la loro classificazione come Made in Italy. Di seguito abbiamo stilato alcune proposte riguardo questioni e argomenti che possano ristabilire e riabilitare il nome dell’italianità, in Italia come all’estero.

1 – Prima le imprese italiane

Una maggiore attenzione al rispetto delle regole per le grandi multinazionali che vendono in Italia a discapito della piccola impresa italiana. Attraverso regole più rigorose per le multinazionali, che per prime vendono prodotti italiani e stabiliscono rapporti collaborativi con il governo imponendo spesso le loro direttive, l’Italia può garantirsi un rispetto maggiore da parte dell’Europa e del mondo intero. Il fenomeno delle multinazionali che “scappano” spostando la loro sede principale in paesi definiti “paradisi fiscali” per non pagare le tasse in Italia, dove però effettivamente producono e vendono, sta dilagando a macchia d’olio. Soprattutto negli ultimi tempi, questo fenomeno è venuto alla luce ed è di pubblico dominio. Tutto questo va a discapito della credibilità, non solo economica ma anche politica dell’Italia, e danneggia enormemente i piccoli imprenditori italiani che sono invece subissati di tasse e burocrazia, quando sono le vere creatrici di economia reale .

2 – Made in Italy o 100% Made in Italy?

La denominazione Made in Italy e 100% Made in Italy è illusoria e crea una sostanziale confusione nei consumatori, che nel concreto non sono informati sulla differenza tra le denominazioni e le confondono. Applicando le regole previste dal Codice Doganale Comunitario Aggiornato un prodotto può essere considerato di origine italiana e contenere, quindi, l’indicazione “Made in Italy” quando è stato interamente realizzato in Italia o se in Italia ha subito l’ultima trasformazione sostanziale. Quindi se anche tutte le parti del prodotto, dopo essere state materialmente fabbricate all’estero, vengono successivamente assemblate in Italia è, comunque, consentito l’uso del “Made in Italy”. Bisogna però fare una differenza tra origine e produzione: l’origine di un prodotto è per definizione l’indicazione del luogo in cui la materia prima è nata o è stata allevata/coltivata/pescata. La provenienza indica, invece, l’ultimo stabilimento nel quale il prodotto è stato lavorato e/o stoccato. Stabilire una netta distinzione tra Made in Italy e 100% Made in Italy, con un controllo maggiorato sulle importazioni alla dogana, può non essere una sufficiente soluzione per garantire una trasparenza sui prodotti.

Mettere un punto alla questione della corretta dicitura Made in Italy è una questione che si lega strettamente all’economia di settore italiana, che si nutre da sempre di prodotti che per definizione sono di qualità e produzione locale. Attuare direttive che non vadano a discapito delle piccole e medie imprese, che scelgono la via dell’italianità al 100%, producendo e distribuendo il prodotto sul nostro territorio e garantendo posti di lavoro dove prima non c’erano. È necessaria quindi una rivisitazione alla legge che stabilisce le regole per l’etichetta dell’italianità sui prodotti. Una prima soluzione potrebbe essere quella di sensibilizzare maggiormente i consumatori, mediante campagne promozionali ed educative, sulla scelta tra Made in Italy e 100% Made in Italy. Una seconda e più netta proposta è quella di eliminare in modo sostanziale la dicitura Made in Italy nella consapevolezza che non possono esistere prodotti italiani al 50%, ossia dei prodotti che vengono solo lavorati in Italia, ma che non ne sono originari. In questo modo non solo si chiarifica il marchio e lo si rende maggiormente autorevole, ma garantisce al consumatore una maggiore trasparenza sull’acquisto.

3 – Incentivi alle imprese

Perché non premiare quelle aziende che hanno mantenuto la produzione sul territorio italiano e non sono ricorse alla delocalizzazione? Oppure incentivare un ritorno di quelle imprese che per la grande quantità dei costi sono ricorse all’estero? Incentivare le imprese italiane non solo con agevolazioni economiche, ma anche e soprattutto con una netta riduzione delle tasse che pagano e un taglio su tutte le operazioni burocratiche che rallentano i processi e gli investimenti sul territorio può essere un’azione risolutiva per incrementare l’economia interna. Semplificazione e trasparenza nelle norme consentirebbe una maggiore tutela del marchio di origine, a vantaggio dei consumatori, ma anche e soprattutto di quelle piccole e medie imprese che rappresentano il tessuto industriale del nostro Paese e che intendono mantenere o riportare la loro produzione sul territorio nazionale. La grande quantità di burocrazia e di tasse da pagare per rimanere in Italia, alle quali l’imprenditore medio deve sottostare per poter aprire un’impresa commerciale, è un problema sempre più consistente oggi. Motivo per cui, molti imprenditori italiani trovano altre strade estere per alleggerire il peso delle produzioni e per velocizzarne i tempi. Tutto questo va a discapito della qualità del prodotto locale e non aiuta l’imprenditore a creare posti di lavoro in Italia, nel suo territorio. Attuare un piano che agevoli le condizioni dell’imprenditore medio-piccolo in Italia è fondamentale sia per il rilancio della nostra economia, sia per arginare il rischio di prodotti a marchio Made in Italy, ma che in realtà vengono solo lavorati in Italia, ma che sono stati spediti da paesi esteri.

4 – L’internazionalizzazione

Per sostenere le esportazioni italiane e l’internazionalizzazione del sistema economico nazionale nei settori maggiormente colpiti dalla crisi post Covid-19, la strategia di comunicazione deve mirare a promuovere le eccellenze italiane e le sue molteplici forme di impresa nei settori Made in Italy e nei comparti in cui la leadership produttiva e tecnologica italiana non è sufficientemente conosciuta. Andrebbe sviluppato anche un sistema dedicato alle piccole e medie imprese che verta sulle competenze digitali, sugli strumenti di e-commerce e sull’internazionalizzazione, con particolare attenzione al rafforzamento delle capacità in questi ambiti anche per le realtà imprenditoriali del Mezzogiorno. Devono essere selezionati Paesi esteri in cui il peso del marchio italiano possa competere in modo positivo per l’economia di settore sul mercato mondiale. Questi interporti di scambio vanno quindi presidiati per analizzare i numeri dell’export italiano. Far crescere l’interscambio fra i Paesi, con un saldo favorevole per la nostra economia, anche alla luce delle conseguenze della pandemia deve essere l’obiettivo di questo 2022. Le aziende italiane che già operano all’estero, possono testimoniare la validità dei rapporti istituiti con il passare degli anni e diventare degli ottimi “campioni” per valutare successivi scambi con altri paesi che hanno le medesime caratteristiche di mercato. Il trend degli ultimi anni è stato di costante crescita, e non dovrebbe essere difficile pensare che queste stesse dinamiche possano proseguire anche su altre rotte commerciali. Il consiglio è quello di instaurare rapporti stabili e duraturi con le imprese locali estere, con l’obiettivo di trovare partner commerciali affidabili.

5 – Il valore dell’imprenditore

Creare valore e sostenere il sistema imprenditoriale italiano. È percezione comune che l’imprenditore, grande o piccolo che sia, si approfitti del suo ruolo e degli incentivi governativi per il proprio benessere personale, a discapito di collaboratori e operatori del sistema produttivo. Tutto ciò, sicuramente vero in certi casi acclamati, risulta però fuorviante e discriminante per quegli imprenditori che fanno del loro rapporto con i collaboratori il fulcro fondante della loro attività. Inoltre, questi rumors diventano pregiudizio e incrinano i rapporti all’interno delle stesse aziende, osteggiando un clima lavorativo armonioso e collaborativo tra il reparto manageriale e quello produttivo. La nostra proposta è quindi quella di valorizzare con nuovo vigore la figura dell’imprenditore italiano, eliminando quei pregiudizi sindacali che accompagnano da troppo tempo la sua figura.

6 – Il fenomeno dell’Italian Sounding

L’Italian Sounding sta diventando un fenomeno che influenza negativamente l’autorevolezza dei prodotti italiani all’estero. L’imitazione delle nostre eccellenze, partendo dal settore Food fino alla produzione moda e design, mette a rischio la trasparenza e la tracciabilità della produzione italiana esportata. L’Italian Sounding è un fenomeno che consiste nell’utilizzo (su etichette e confezioni) di denominazioni, riferimenti geografici, immagini e marchi che evocano l’Italia e alcuni dei suoi più famosi prodotti tipici (dal parmigiano alla mozzarella), per promuovere la commercializzazione di prodotti inducendo ingannevolmente a credere che siano autentici italiani, quando in realtà di italiano hanno poco o nulla. Per lo più sono prodotti realizzati da aziende che acquistano materie prime all’estero di qualità più scadente e a un costo inferiore. Una forma di falso Made in Italy molto affermato in ambito internazionale e soprattutto nel settore agroalimentare. Chi perde maggiormente in questo meccanismo sono da un lato i produttori locali, costretti ad abbassare qualità e prezzi, impoverendosi; dall’altro lato, ovviamente, i consumatori, a cui arrivano prodotti sempre più scadenti.

La nostra proposta è quella di sensibilizzare, soprattutto a livello internazionale, i consumatori nell’acquisto di prodotti che siano realmente Made in Italy e la cui provenienza e marchio siano direttamente rintracciabili in Italia.

Non vogliamo un atteggiamento protezionistico, per nessuna ragione, soprattutto nell’attuale atteggiamento delle dinamiche commerciali mondiali, ma solo avere il massimo rispetto per i prodotti e le imprese italiane.

Speriamo di essere stati chiari, ma soprattutto utili!

Grazie per la sua attenzione.

Compiamoitaliano.it

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