Una storia d’amore lunga venti secoli
Venti secoli. Tanto è lunga la tradizione tessile di Biella, comune piemontese conosciuto in tutto il mondo per la lavorazione di pregio della lana, materia prima per collezioni esclusive e di gran classe. Una storia appassionante, la cui nascita, grazie alla lapide del sagario ritrovata a Lessona, si fa risalire addirittura all’epoca romana. Un’attività fiorente, che crebbe durante il Medioevo e via via nei periodi successivi, resa possibile dall’abbondanza d’acqua proveniente dai torrenti che costellano la zona, fondamentali per consentire alle grandi ruote di girare ed innescare così il processo di lavorazione. Un’eccellenza di quella famosa qualità italiana che nemmeno i divieti imposti dal re di Sardegna nel 1733, per cercare di salvaguardare i lanifici di altre zone del Piemonte, riuscirono a fermare.
Produzione che, tra il XIX e XX secolo diede vita al più grande distretto tessile d’Italia, forse, anche del pianeta, che oggi in parte prosegue l’attività, in parte, vede antiche fabbriche dismesse riconvertite in musei e gallerie a tema. A caratterizzare la cosiddetta “Via della lana”, strada lunga ben 50 chilometri che da Biella arriva a Borgosesia, un patrimonio inestimabile di archeologia industriale. Un tragitto unico, per una full immersion tra tipici villaggi operai, “sentieri del lavoro” ed opifici che hanno contribuito al prestigio di molti artigiani del lusso e di raffinate collezioni riconducibili all’altissima qualità italiana.
Tra le tappe obbligate di questo “morbido” percorso, progettato dal DocBi e dal Politecnico di Torino, troviamo: la fabbrica della Ruota nell’ex lanificio Zignone, che ospita una mostra permanente sulla storia dell’industria tessile; l’ex lanificio Trombetta, che accoglie la Cittadellarte per volere di Michelangelo Pistoletto; e Casa Zegna, museo, archivio storico e centro culturale, dove conoscere meglio la figura di Ermenegildo Zegna, grande imprenditore ed ecologista. E, ancora, l’ex lanificio Pria, col suo immenso archivio fatto di campionari di tessuti preziosi, come quello utilizzato per il cappotto indossato da Audrey Hepburn nel film “Vacanze romane” e la Trappa, chiamata così perché prima di ospitare produzioni laniere, tra la fine del Settecento e i primi anni dell’Ottocento, accolse una congregazione di frati trappisti.