Gennaro Amato, Presidente Saloni Nautici Internazionali d’Italia

Amato

Entrati abbondantemente nella fase 2 e in attesa dell’ormai prossimo 18 maggio giorno in cui il Governo dovrebbe aprire un altro importante spiraglio nel muro che ci separa dal pieno ritorno alla nostra vita normale, abbiamo focalizzato il nostro sguardo su uno dei settori che, come tanti altri, rappresenta un vanto per il made in Italy e di cui, in questo periodo si è parlato un po’ poco, il settore nautico.

Abbiamo fatto qualche domanda a Gennaro Amato, titolare di Nautica Amato e Presidente Saloni Nautici Internazionali d’Italia, la società nata per creare una precisa identità e favorire la crescita del segmento della media e piccola nautica italiana (quella relativa alle imbarcazioni tra i 4 ed i 18 metri), tra il Polo Nautico Italiano e l’Associazione Filiera Italiana della Nautica e che dovrebbe (il condizionale, dato il periodo è d’obbligo) organizzare la prima edizione del Salone Nautico di Bologna (17-25 ottobre 2020) in programma nei padiglioni di BolognaFiere Spa.

Dott. Amato, qual è lo stato attuale del settore nautico in Italia, alla luce del lockdown causato dalla pandemia da Covid-19?

Il settore nautico, ed in particolare la filiera nautica italiana, registra una perdita secca del 40% del fatturato. Ma il dato diventa più pesante se si considera che la nautica da 5 anni era un settore in crescita, per fatturato, con doppia cifra di percentuale e che quest’anno ci si aspettava un’ulteriore valorizzazione dei fatturati del quasi + 20%.

Che cosa significa 100% italiano? (ritengo che ci sia molta confusione su questo tema), e quali sono i sacrifici che un imprenditore deve prendere in considerazione nel produrre 100% Italiano? E quanto vale per il suo settore?

Partiamo dalla sua ultima domanda. Nel nostro settore produttivo il brand Made in Italy significa molto, basti pensare che siamo al vertice mondiale per qualità nella produzione di navi e mega yacht, ma anche nel segmento produttivo sotto i 30 metri siamo riconosciuti tra i migliori cantieri al mondo. Passando a cosa significa 100% italiano allora l’argomento è delicato, le spiego: la produzione di una barca, grande o piccola, prevede un assemblaggio di materiali, dalla carena alla copertura passando per gli allestimenti tecnici a quelli di arredo sino agli accessori di bordo, quindi produttività singole che formano un’unità finale. Ebbene la nautica italiana, a parte i motori, è tutta confezionata con materiali costruiti in Italia con un’alta specializzazione che si riflette nel prodotto finale del modello costruito. Per essere al 100% italiani non bisogna tralasciare due aspetti: il design e le definizioni di tessuti, due segmenti che hanno nell’italianità nomi di assoluta eccellenza.

Attualmente come comunica la sua azienda al consumatore che il prodotto è 100% italiano? E quanto è importante la definizione di standard di controllo di filiera per garantire la trasparenza nella qualità e tracciabilità del prodotto?

La nostra produzione è facilmente identificabile, costruendo gommoni (Nautica Amato), dettata soprattutto dall’artigianalità di chi assembla l’imbarcazione. Un percorso costruttivo che spesso l’acquirente segue di persona nel ciclo produttivo del modello acquistato e viene promosso sui social e sulle riviste di settore che determinano il mercato del Made in Italy. Nel nostro campo gli standard di controllo e quindi di qualità esistono in ogni passaggio di costruzione quindi siamo ipercertificati

Secondo lei il 100% italiano è sempre sinonimo di migliore qualità? E sempre secondo lei, qual è il futuro dei prodotti 100% Italiani?

Come detto il Made in Italy nella nautica si traduce con top di acquisto per qualità del prodotto e definizione, oltre alla circostanza che lo style italiano è associato ad alto gusto e qualità. Un futuro roseo sarebbe garantito maggiormente da un processo di comunicazione univoca e magari pari a quello di alcuni stati europei, penso alla Francia per lo champagne o alla Germania per l’automobile o ancor più al modello asiatico per la tecnologia. Insomma i Paesi, e non solo i privati, che promuovono una loro eccellenza. Da noi, in Italia, l’imprenditore è solo.

La scarsa informazione e le politiche di prezzo, sono leve che spingono spesso gli italiani a scegliere prodotti stranieri. Quali potrebbero essere dei correttivi da prendere in considerazione per dare maggior forza alla competitività delle produzioni italiane?

Intanto va detto che l’industrializzazione della nautica non è tipica italiana, i numeri di alta produzione fanno la differenza però allo stesso tempo scende la qualità. Noi in Italia, e in particolare gli italiani, puntiamo sulla alta qualità che si traduce in Made in Italy: un valore aggiunto. 

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